Terzo brano estratto dall'album "Roma Rotten Casino" (2010)
Band
Simone Salvatori
Federico Amorosi
Andrea Freda
Giorgio Maria Condemi
regia
Paola Rotasso
con
Beatrice Brancazi
Giovanni Izzo
Simone Salvatori
produzione
Ilaria Braghese
Adriana Ciampi
fotografia
Davide Manca
Marta Ronzone
Giuseppe Basile
foto di scena
Enrica De Nicola
Ilaria Braghese
assistente alla regia
Adriana Ciampi
trucco
Elena De Nicola
Thanks to
Alba Riccardi
Roberto Rotasso
Simona Rotasso
Federico Lichinchi
Redigital
Riccardo Sabetti
Mirko Perrone
Emiliano Riot Queer
Noema
Cimitero di Minturno
Alfredo, Giuliano e Domenico De Meo
Pina Coviello
Filippo De Meo
I desideri possono correre veloci come pattini a rotelle, ma spesso si rischia di scivolare. Da Lisbona a Roma non esiste luogo dove essere al sicuro perché non c'è bianco in cui non si nasconde oscurità.
Questa è la poetica bifronte di Simone Salvatori. Emerge prepotente nella trasposizione canora del film "Odete". La pellicola del portoghese Joao Pedro Rodrigues, cineasta sospeso lungo quella frontiera tra albore e tenebra mostrata dai maestri Jarman e Fassbinder, è anche l'ispirazione per il videoclip firmato da Paola Rotasso per il terzo singolo tratto dall'album "Rotten Roma Casino".
La regista emergente riesce a montare ritmo e melodia e a mettere in scena il legame di Spiritual Front con la morte e l'erotismo, con il lato buio dell'animo umano. Nel bianco e nero si muovono personaggi negati ad amare.
Una splendida Beatrice Brancazi travestita da Simone Salvatori sembra condannata a desiderare sperando che ci sia quello che non c'è. Lungo quel fronte spirituale dove non c'è spleen da copertina e non ci sono tranquillanti. Non è prevista nessuna profezia taumaturgica per il dolore. Non esistono anime salve. I sogni sono destinati ad abortire nel vaudeville dell'ordinario quotidiano che soffoca il respiro.
Con lucidità attendete il vostro assassino, voi stessi o i vostri fantasmi. Guardate nello specchio, inserite la modalità schermo intero e chiedetevi se davvero l'amore è più forte della morte.
Recensione di INA su "Indie for bunnies"